Testimonianza di Sara al convegno nazionale educatori ACR “Passare per Crescere”
CONVEGNO NAZIONALE EDUCATORI ACR: “PASSARE PER CRESCERE”
I RITI DI PASSAGGIO NELLA VITA DEI RAGAZZI
9-11 dicembre 2022
Da venerdì 9 a domenica 11 dicembre ho partecipato al Convegno Nazionale degli educatori ACR, che si è svolto a Roma e il cui tema è stato “Passare per Crescere” – i riti di passaggio nella vita dei ragazzi.
Di seguito, riporto la riflessione conclusiva del Convegno:
“Siamo in un tempo di urgenze e di emergenze: non è più chiaro che la vita di un ragazzo è segnata da passaggi, c’è la mancanza di un prima e di un dopo.
Nel nostro cammino di educatori ACR spesso troviamo diverse tentazioni e vorremmo tornare indietro oppure ingabbiare i ragazzi in etichette, dalle quali, è difficile che essi possano sfuggire.
Non diamo credito alle storie di alcuni nostri ragazzi: le etichette screditano i passaggi pasquali di rinascita.
A voce diciamo che siamo “tutti fratelli”, ma se stiamo sempre con chi ci somiglia siamo sicuri di crescere? I passaggi sono tappe mentre si costruisce una risposta a chi si vuole diventare.
Dobbiamo imparare anche a stare, indugiare senza risolvere sempre, tutto, in fretta.
Imparare a lasciare è una forza trainante nel processo di crescita di ciascuno: il vero maestro sa dissolvere la sua autorità educativa quando il ragazzo ha raggiunto la maturità.
I riti di passaggi ci aiutano a toccare per mano cosa significa vivere in una comunità, la quale affida i suoi gesti alle storie di ciascuno di noi.
È importante trovare modi per ritualizzare i passaggi, possiamo farlo ricavando spazi e tempi adeguati a festeggiare le rinascite nella vita di ogni ragazzo; noi educatori dobbiamo essere pronti ad ascoltare perché l’altro ci interessa, sempre.
Gli educatori profeti sono quelli che sanno riconoscere il soffio dello Spirito e i segni di Dio e per fare ciò serve un costante allenamento.
È necessario puntualizzare che non si passa mai soli: ogni passaggio dei nostri bambini/ragazzi deve essere affiancato e guidato e il gruppo con le sue differenze, fa allargare gli orizzonti.
C’è tanta vita che pulsa attorno a noi, le periferie sono esistenziali: è verso quei ragazzi e quelle famiglie che siamo chiamati ad essere ponti. Oltre la soglia possiamo trovare l’estraneo che dobbiamo sempre essere pronti ad accogliere.
Lasciamo, quindi che sia la vita a dirci quali parole e quali gesti fare, per metterli in campo. Continuiamo a camminare anche quando lo smarrimento e la delusione sembrerebbero prendere il sopravvento. Non facciamoci frenare dalla pigrizia: nella bibbia Dio esordisce per 365 volte con “Non temere”, una per ogni giorno.
Abbiamo nuove soglie da raggiungere, ma non dimentichiamoci di fare provviste: preserviamo le nostre storie, le nostre esperienze poiché non sappiamo come e quando ci potranno essere utili, ma certamente sapremo che passare significa crescere.”
Sono state tre giornate di formazione intense, di condivisione e di gioia.
Grazie a questa esperienza spero di andare incontro con maggior consapevolezza alle esigenze dei bambini e dei ragazzi che sono chiamata ad accogliere nel servizio di educatrice Acr.
Lucia Vantini, docente di filosofia e teologia fondamentale riflettendo sul tema “Passare per credere”, mi ha ricordato la nostra diocesi di Venezia e le nostre realtà parrocchiali.
Esse, infatti, necessitano di educatori coraggiosi: fare i conti con le difficoltà della Chiesa e della Catechesi non significa distruggere ciò che c’è, ma al contrario essere coraggiosi e trasparenti per preservare il vero messaggio evangelico.
Il coraggio di parlare è l’autentico elemento trasformativo, la parola coraggio ha nella sua radice la parola cuore. È quindi un certo modo di sentire attento e un’ostinazione a non mollare, una continua scommessa.
Gesù non assume mai gesti trionfali, gesti di odio: i discepoli quando il loro Maestro viene crocifisso, oltre la sconfitta, vedono un amore sconfinato.
La speranza del Vangelo è un credito alla vita. Prima di preoccuparci delle strategie da adottare domandiamoci, tutti, non solo noi educatori, quale spiritualità ci porta a tali strategie?
Nelle nostre realtà parrocchiali ci sono storie ferite, non possiamo pensare di recuperare qualcuno che è lontano da noi, senza prenderci la responsabilità di riconoscere il volto di Dio nelle parole sbagliate. Dobbiamo fare attenzione sì alle storie singole di ogni persona, ma anche tenere sempre una porta aperta a ciò che accade nella vita pubblica.
Siamo capaci di spirare vita? Oppure lasciamo che le parole del Cosmo siano dettate da altri?
In questo tempo di crisi delle iniziazioni non è più chiaro che si passano determinate soglie, siamo più concentrati a preoccuparci di quello che sta morendo nelle nostre Chiese rispetto a ciò che di nuovo sta nascendo.
Non scordiamo mai che la Comunità, tutte le nostre Comunità, sono formate da persone che aiutano e persone che si fanno aiutare.
Perciò sì noi educatori siamo chiamati ad essere coraggiosi, ma necessitiamo che le nostre comunità ci vengano incontro senza ostacolarci, cosicché tutti noi possiamo camminare insieme.
Sara D.